Lettera aperta a Gian Mario Bandera
(lettera che Giornale di Brescia si è rifiutato di pubblcare)
Ringrazio il direttore Bandera per la celere e posata risposta, segno di attenzione e di interesse per posizioni anche distanti dalle sue.
Soprassedendo sui titoli scelti per presentare sia la mia lettera Un Teatro Stabile sempre più lontano dai “suoi” artisti che quello dato alla sua risposta Il Ctb non si è mai fermato: ha fatto ciò che era possibile, titolo, per quanto mi concerne, scelto dal giornale e non da me, così come immagino sia anche per Lei dove le parole “suoi artisti” e “ciò che era possibile” ci scaraventano su i cigli opposti di in un baratro di rassegnazione tutto italiano, dove regnano la divisione e la poetica del tirare a campare…
…vorrei però rubare ancora un po’ del Suo tempo, gentile Direttore.
Ora la questione è che le Sue parole sono state talmente chiare nel confermare alcuni nodi critici da me esposti che ho creduto di aver mal compreso.
Alla mia osservazione di essersi prodigati essenzialmente alla sopravvivenza del sistema produttivo, Lei risponde: “si, è vero.”
All’osservazione di essersi adattati alla triste realtà del teatro online Lei risponde: “si, è vero.”
All’osservazione di non aver risposto a pieno agli scopi statutari alla voce territorio, lei risponde “grazie al legame con artisti della scena nazionale”.
All’osservazione di non aver contemplato gli scopi statutari alla voce formazione artistico-tecnico professionale, Lei risponde con le responsabilità nei confronti dei “suoi” lavoratori e ci mancherebbe! Ma si rifletteva sul “modo” in cui ha fatto lavorare i suoi lavoratori, anelando a un altro modo possibile che mostrasse una più ampia presa di responsabilità verso quel “suoi” del mio fuorviante titolo.
Ma, soprattutto, alla critica di mancanza di visione di futuro, intesa come visionarietà necessaria a salvare il nostro Teatro che già prima della pandemia mostrava segni di cedimento evidenti, Lei risponde che, con le sue scelte, il Ctb ha potuto continuare a emozionare, far riflettere e sognare, intendendo immagino quel continuare come prima, ma mi scusi, è appunto anche su quel prima che si sta ragionando… il prima del teatro morente; il prima della perdita progressiva del pubblico delle nuove generazioni*; il prima della perdita progressiva del senso “sacro” del teatro, del suo fuoco…eppure Lei mi dice che quella luce significa tutto… Mi scusi, ma io non capisco.
Lei giustamente fa notare che l’azione messa in campo dallo Stabile di Torino, da me portata come esempio virtuoso, non è stata realizzata con soldi pubblici ma con soldi “privati”, d’accordo, ma si rifletteva sulle azioni virtuose di un ente pubblico, siano esse realizzate con i contributi ministeriali (o di altra natura pubblica) o attingendo ai finanziamenti privati (ai quali spesso però si accede anche mettendo in campo parte dei soldi pubblici). Fortunatamente ci sono anche appoggi di banche e di mecenati, poiché i soli soldi pubblici non basterebbero a sostenere la complessità degli interventi!
Ma questa fusione tra pubblico e privato che, lo sappiamo, mantiene viva l’idea di fare, dovrebbe avere come obiettivo, sempre, quello di tentare più di ciò che è possibile, anzi, in questo periodo assurdo, dovremmo aspirare all’impossibile che è proprio degli innovatori, di coloro che scoprono e viaggiano, dei sognatori, non è così che hanno definito il popolo degli italiani?
E’ per questo sogno, che necessariamente ha bisogno di un nuovo paradigma del concetto di collettività, che La invito a un incontro pubblico, civile e appassionato, in presenza, come è il teatro; in piazza Loggia, che è il centro della Polis; con la sede del Ctb da una parte, e il monumento al popolo insorto dall’altra, ma senza nessuna minaccia di insurrezione o, se si vuole, cercando insieme noi popolo tutto del teatro Lei compreso, un’insurrezione al prima, per un’altra idea di poi.
Quando? Attendiamo Sue.
Michele Beltrami, Cittadino Teatrante Bresciano.
*Le chiedo gentilmente di non riportare qui la questione degli abbonamenti in aumento e dei numeri rincuoranti che, come sappiamo tutti Lei compreso, sono più il risultato di precise strategie commerciali obbligate dall’ultima riforma FUS, piuttosto che di un accurato progetto culturale sulla Città.
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